Nell’ingorgo delle sei un taxi arranca con abili giochi di frizione, mentre i maliziosi semafori, scattando come al solito all’ultimo istante, si fanno beffe dei piloti esasperati. In quell’ora fatale i viali si fanno un paesaggio alieno, condizione abituale, tram-tram, ma dietro a un tale pretesto di normale routine, si nasconde la cruda natura della visione, una verità intollerabile di nome CAOS.
Schiere mai precise di autovetture si scaricano veleno addosso, ma i finestrini ben chiusi fanno si che i passeggeri non si rendano conto di quel che accade fuori. E di pedoni nemmeno l’ombra, o forse, nascosti dagli aliti immondi dei tubi di scarico, si muovono sui marciapiedi con estrema lentezza, quali invisibili zombi; ma dopo tutto ogni cosa si rivela lenta in un mondo fatto per esser veloce.
All’interno di ogni vettura vi si scopre un mondo differente, distante dagli altri tanto quanto lo sono invero nell’universo, laggiù nei viali lattei della nostra cara civiltà. E dentro gli angusti ambienti, dove i pensieri trapassano nella tremenda agonia del soffocamento, le parole non sono altro che ottuse libellule che, nel voler volare oltre i finestrini serrati, si schiantano sulla dura realtà e lasciano un alone fastidioso che la ventilazione dell’auto asciugherà in breve tempo.
Sul sedile posteriore del taxi siede L.R., trentacinquenne impiegato, costretto al mezzo pubblico perché la sua auto e’ in garage (problema tecnico). L’ingorgo, le grigie strade, i pedoni fantasma, sono tutte visioni familiari per lui, o almeno dovrebbero dato che si trova costretto ad affrontarle ogni giorno. Ma oggi ha l’occasione forse irripetibile di osservare quell’avverso paesaggio da comodo passeggero di un taxi e non da irrequieto guidatore prigioniero del traffico.
Ma i suoi pensieri al momento sono intenti a prendere in esame la sua insipida giornata lavorativa, una giornata come tante altre che da un tempo ormai indefinibile si susseguono e che con molta probabilità continueranno a susseguirsi. Procedure, formule, programmi, appuntamenti, chiamate, un mondo di parole astratte lo travolgono ogni giorno al di là della sua scrivania, una prigione di convenienza alla quale è obbligato da una condanna di buoni consigli. Quanta razionalità in quelle buone parole dette da chi (dice che) il mondo lo ha potuto conoscere, dispensatori di allettanti suggerimenti, concessori di spassionati pareri, sublimi mentori, giudiziosi ambasciatori, ognuno casualmente pronto e disponibile a ricoprirti di vantaggiosi artifici, per lasciarti poi credere a quelle insensate parole evocate per recluderti in un sistema quanto meno falso. Poco e’ bastato perché un tale disegno rivelatore venisse evocato d’improvviso da una mente per un attimo libera dalle catene della routine. Solamente un giorno da passeggero e non da pilota e gli occhi inconsciamente velati di L.R. hanno spaziato lo sguardo su un’amara verità, e non solo…
…e’ il tramonto e l’occhio arancione rapisce l’attenzione del passeggero. Densi colori di fuoco pitturano un fazzoletto di orizzonte e tra due giganteschi edifici il sole si scopre palla da golf che centra la buca. Ma ogni pennellata di arancio, di azzurro, di indaco, di violetto, di vermiglione e degli altri infiniti, pare viziata da un agente esterno, che ne risalta le suggestive sfumature a discapito forse di una realtà più modesta.
Da un ricordo del passato, un remoto tramonto compagno delle sue più care memorie, il passeggero quasi involontariamente si accorge della stranezza, e indovina la causa di quell’atmosfera vespertina così artificiale; lo smog. Certo, un’intuizione ovvia, ma lo e’ veramente per un soggetto quale L.R.?
La visione infuocata dura solamente qualche minuto finché il taxi, sempre arrancando, si nasconde dietro uno dei due imponenti edifici. Ma quel breve momento e’ sufficiente per costringere la mente del passeggero a idealizzare un possibile confronto, la rivelazione di un ovvia comunione tra la sua vita irreale e quel falso tramonto.
E come il veleno degli scarichi è già penetrato nelle vene degli orizzonti cittadini inquinandone ogni tramonto, anche la droga-routine si e’ ormai iniettata in lui, recludendo la sua vita in una prigione di parole senza significato.
“Ma per fortuna si e’ passeggeri solo raramente” e’ il suo ultimo pensiero prima di pagare il conducente e scendere dal taxi.
GM Willo - 1996
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