martedì 5 gennaio 2010

IL CUOCO DEL PRESIDENTE

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Antipasto di mare caldo, con fasolari e vongole veraci, linguine all’astice accompagnate da un Fiano, e poi sua maestà il branzino, al cartoccio, come si conviene per le occasioni speciali. Ci si sposta su una Vernaccia di Oristano, da assaporare con la bottarga e del formaggio sardo. Il pranzo è quasi alla fine, i clienti sembrano soddisfatti. Lui ride, chiacchiera, si pavoneggia a capotavola col bicchiere in mano. Politico, industriale, leader, presidente. È a lui che dedico questo pregiato buffet.
I ragazzi lavorano veloci, eseguono alla perfezione ogni mia richiesta, nell’angusta cucina del palazzo, sotto la sala dei ricevimenti. Tra i fumi delle acque a bollore e i cozzi quasi musicali dei pentolami, quattro uomini vestiti di bianco danzano attorno ai piatti. Pinguini entrano ed escono con le portate. La concentrazione è tutto. “Vieni qui quel con quel vassoio!” Un ritocco e poi via, sennò si raffredda.
In cucina tutto ha un ordine preciso, i cuochi ruotano attorno al cibo come satelliti attorno a un pianeta. Orbite più o meno circolari che richiamano alla mente le perfezioni dell’universo. Pesci cadaveri santificati al dio del palato. Tutto ciò mi delizia.
Il presidente non ha assolutamente nessuna idea di quel che avviene tra queste quattro mura. Sono anni che invita i suoi amici, che si pavoneggia vezzeggiando i suoi lussi, cucina compresa, ma non è mai sceso a dirci una parola, a farci partecipi del successo. Paga bene, certo, ma non è tutto. I soldi non sono mai tutto…
Nel pesce l’arsenico ci sta una meraviglia. Ci va a braccetto, come l’alloro coi fegatini di maiale, come una spruzzata di pepe nero sulla volgare carbonara. Era da tanto tempo che gli volevo preparare questo piatto…
Ecco, arrivano le prime urla. I ragazzi sono usciti in fretta e furia dalle cucine. Vogliono sapere cosa sta succedendo, perché i camerieri sono così agitati, come mai si sentono dei tonfi sordi dal piano di sopra. Glielo potrei dire io, ma non mi vá. Voglio godermi per un po’ le mie stanze. Non le vedrò per un bel po’ di tempo. Chissà se mi faranno cuoco, laggiù dove sarò costretto a passare il resto della mia vita…
Alzo la coppa di vernaccia. Un goccio me la sono lasciata per questo brindisi speciale. “A te, mio caro presidente. Spero ti sia piaciuto il branzino… Addio!” Appoggio la bocca al bordo del bicchiere, le urla si fanno più distinte, qualcuno scende le scale, sta per venire a chiedermi spiegazioni. Inarco la coppa, mi bagno le labbra, poi butto tutto giù d’un fiato. Che buono!
- Il presidente! Hanno avvelenato il presidente!! -
Mentre la notizia incomincia a circolare, e le guardie del corpo irrompono nella cucina, un ultimo pensiero mi passa per la testa, un piccolo rammarico. Non aver avuto il tempo di servire il dolce: un millefoglie da urlo!

GM Willo - 2008