A volte può prenderti così, ti lasci andare e ti ritrovi davanti allo schermo bianco, con il cursore che lampeggia impaziente in alto a destra. Provo a pensare che sia tutta colpa dei fili che ci uniscono, una forza incontrollabile che ti spinge a comunicare, a provare a capire e spiegare. Me li immagino questi fili lunghissimi e sottili, sopra le nostre teste, da una parte all'altra della città e del continente. Non è tecnologia. Ci sono sempre stati.
A volte si toccano. Spesso si rompono. Quando riescono ad intrecciarsi bene formano delle corde più salde. E corrono sempre sopra le nostre teste. Noi ci allunghiamo e quando ne abbiamo bisogno ne afferriamo uno. Riuscirà a sorreggerci?
Ho sentito T. stasera. Gli ho mandato un messaggio ed erano sei mesi che non sentivo la sua voce. Mi ha chiamato subito dopo.
«Ciao G., che bello risentirti ... »
«Maledetto, dove ti eri cacciato?»
«Un po' a giro, sai. Sto organizzando una mostra fuori, e poi altre cosine. Non ho avuto tempo neanche per respirare in questi ultimi mesi.»
«Me lo immagino. Ho visto due bozze degli ultimi tuoi lavori, quelli che hai lasciato da N., sai? Notevoli davvero. Soggetti un po' pesanti, alla vecchia maniera ... »
«Si, ho voglia di tornare alle prime cose, raschiare un po' il pentolone dei ricordi.»
«Già! Le vecchie storie che non muoiono mai ... »
«Eh si, lo hai detto!»
«Ma ci sei per il fine settimana? Che ne dici di andare da qualche parte a farci una bevuta?»
«Mi piacerebbe un sacco davvero, ma devo tornare via. Sai, per la mostra... »
«Ho capito. Beh, allora sentiamoci presto, ok? Aspetto tue notizie .... »
Ma so che non sentirò la voce di T. fino alla prossima mia chiamata. I fili esistono ancora ma gli intrecci si sono sciolti.
Esco. L'aria è quella frizzante di settembre.
È notte. I rumori della campagna vicina sono sussurri di storie antiche.
Un suono. È il rumore di un treno in lontananza, una voce fascinosa che mi ricorda quei viaggi di un tempo. Erano viaggi diversi, brevi ma lontani. Oggi atterro dall'altra parte del continente e non mi sembra neanche di essermi mosso da casa. A volte anche a piedi coprivamo distanze assurde. Il segreto era varcare quelle porte.
Le porte.
Nella notte di settembre scendo al fiume. Raccolgo dei sassi mentre cammino perché so che non ce ne saranno più in là. Sono diventato un uomo previdente, ma ho perso qualcosa. Un tempo sarei arrivato al fiume a mani vuote, ma guardandomi in giro avrei trovato quelle pietre che desideravo gettare. Non so perché, ma le avrei trovate.
Sulla superficie del fiume ci sono i riflessi dei lampioni. Gioco a colpirli con i sassi e loro mi regalano delle onde luminose. Mi giunge anche un suono grazioso: “gluc”. Lo conosco. Mi piace. Starei seduto per ore ad ascoltarlo.
Ripenso alla conversazione di stamattina col mio capo.
« ... non è che non mi interessa, è che in questo momento non me la sento.»
«Non te la senti? Ma come? Ti propongo un’occasione come questa e mi dici che non te la senti? Credevo che ne saresti stato più che felice ... »
«Beh, forse un paio di mesi fa, ma adesso non so... »
«Cosa non sai? Cazzo, adesso mi metti in difficoltà G.. Cioè, credevo che avresti accettato al volo e mi ero organizzato di conseguenza. Adesso che cazzo faccio?»
«Non so cosa dirti, davvero. È che ho bisogno proprio di tutt’altro in questo momento. Anzi, avrei bisogno di qualche giorno di ferie.»
«Addirittura! Allora sei messo veramente male. Quando sei entrato ti dovevamo fare andare a casa con la forza, e adesso ... »
«Si, lo so, ma è un periodo strano ... »
«Sai cosa ti dico? Prenditi una settimana. Rilassati. Hai solo le pile scariche. Vedrai che quando torni starai meglio.»
No, non starò meglio.
Questa e la fine di qualcosa, lo sento. Sono i titoli di coda, o forse è già l'intervallo tra uno spettacolo e l'altro. La musica è soffusa, le luci sono accese e la gente è al bar a prendere da bere. Ma io non so come è finito il film.
Tra le mani mi ritrovo una pietra piatta. Cerco di farla saltare sull'acqua. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei... No, erano solo cinque.
Si cerca sempre di fare qualcosa di più, di essere più bravi degli altri. È tutta una rincorsa, e riprendi fiato solo nell'intervallo. In quel breve momento ti fai una bevuta, tiri un respiro e poi riparti. Ma non provare a domandarti cosa stai rincorrendo, altrimenti rimpiangerai il prezzo del biglietto.
Mi accendo un sigaretta. Mi piace vederla consumarsi di rosso mentre aspiro la sua mortale nicotina. Mi piace il fumo grigio che sprigiona nella notte. Mi piace quel suo gusto denso e stordente. Credo che il piacere più grande sia quello di sapermi ancora sopravvissuto a lei, che ormai è gia una cicca tra le mie mani.
Siamo pronti per il nuovo spettacolo?
GM Willo 2002
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