«Lo sai che non sono venuto qui per parlare.»
Lo vidi frugare nervosamente nelle troppe tasche del giaccone imbottito, fino a quando un accenno di sorriso sancì il successo della sua ricerca.
Un rapido movimento ed il bagliore della fiamma illuminò quello che in passato era stato il nostro unico rifugio. Anche qui il tempo aveva lasciato segni incancellabili come quelli sui nostri volti.
Poco prima, nella penombra, si era annidato il sospetto che quei lunghi anni non fossero mai passati; la polvere e un colpo di tosse proveniente dall’altra stanza ci richiamarono bruscamente al presente.
«Passami la cicca» gli chiesi. E lui me la offrì, come aveva fatto mille volte prima, in un tempo magico ma ormai perduto. Sulle labbra sentii il suo sapore, mischiato a quello del filtro e della nicotina. Bastardo, pensai. Potevamo realizzare in nostri sogni, fare quello che abbiamo sempre sognato, ed invece…
«Come sta?» mi domandò. E che cazzo gliene fregava a lui! Vedova a trentacinque anni, con due bambini piccoli. Ecco che cosa rimaneva di me.
«Non lo senti? Sta morendo…» gli dissi. E aspirai forte quella dannata cicca, cercando di farmi venire un tumore fulminante. Quanto lo odiavo. Quanto lo desideravo!
«Senti, volevo dirti soltanto che mi dispiace…»
«Si, lo so…» e intanto pensavo “che stronzo! Scordati la cicca, perché non te la rendo!”.
«Comunque, grazie di essere passato. Adesso devo tornare da lui…»
«Certo. Se hai bisogno di qualcosa, non esitare…»
Esistono forze nascoste che ti permettono di fare cose impensabili. Attinsi a quelle per evitare di piangere, per non dargli anche quella soddisfazione.
«Va bene…»
«Ciao…»
«Ciao!»
Lo osservai salire in auto e tornare verso la città. La sigaretta era arrivata alla fine. Aspirai forte i suoi ultimi millimetri di tabacco e poi la gettai il più lontano possibile.
Fu la mia ultima cicca.
AUTORI: GM Willo, Gherardo, Ciccius, Lacate, Marcochao
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