sabato 13 febbraio 2010

RADIO BLUES

RADIO BLUES

La radio sta andando con un mood lento, da estate, perché fuori non tira un alito di vento ed è pieno di dannati moscerini. É rimasta solo lei a raccontarmi le storie, vecchia scatola nera con l’antenna rotta, riesci ancora a prendere quella stazione blues, e chissà perché continua a trasmettere. Ma quanti ubriaconi come me vivono in questa maledetta città, e ascoltano vecchi pezzi di Tom Waits e dei primi Deep Purple? Quanti?
Lei se n’é andata. É già passata una settimana e non accenna a piovere. La pioggia fa cambiare gli odori, sapete? Non sopporto più di sentire il suo profumo dappertutto, in camera, in salotto, in auto, persino nello scantinato, tra gli scatoloni ammuffiti e la catasta di legna per il camino.
Ve lo dico subito, così evito di prendervi per il culo; la colpa é solo mia. Quando sei lì con una birra di troppo nello stomaco e una perfetta sconosciuta che ti apre le gambe, se sei un vero uomo non ci capisci più niente. Non sai più distinguere il giusto dallo sbagliato. La vista ti s’annebbia, il male diventa bene, il bene diventa roba per poppanti, e il passato, i ricordi, i sacrifici e le meraviglie della vita di coppia, tutto questo diventa un’accozzaglia di colori sfumati, un’immagine poco chiara, come uno di quegli assurdi quadri moderni che piacciono così tanto ai ricchi. No, non sto cercando scusanti. Sto solo temporeggiando per vedere se finalmente questo tempo si decide a cambiare. Sento dei brontolii nella distanza, forse la tempesta é vicina, forse l’odore cambierà... forse.
Lee Hooker farfuglia di una donna che lo fregherà, e come lo capisco, in questo istante ti sono proprio vicino Johnny, vai, continua a strimpellare quelle corde e cantamela, cantagliela a quelle nuvole ancora troppo lontane, oltre le colline, le colline che abbiamo percorso in lungo e in largo, io e lei sul vecchio chopper. Cristo, perché te ne sei andata! Potevamo parlarne, potevamo passare anche questa, come ne abbiamo passate tante...
Il problema é che ne abbiamo parlato anche troppo, e quando non c’é più da parlare non ti rimane altro che bere. Bere, scrivere e ascoltare vecchi pezzi blues.
Ci siamo conosciuti a un rave per motociclisti nel lontano ’87. Ventidue anni insieme, ve ne rendete conto? Lei c’aveva due trecce platinate, sembrava uscita da una favola dei fratelli Grimm, io invece a quel tempo ero ancora in forma, maglietta dei Motorhead e coda di cavallo, nera come il velluto. Oggi non posso dire altrettanto; il ventre ha risentito dei fiumi di birra passati e il crine si schiarito per l’età e ingiallito per le cicche. Però mi ritengo ancora un bel figliolo, altrimenti la rossa di l’altra sera non si sarebbe avventata così famelicamente sui mie calzoni. Maledetta rossa!
Era davvero bellissima la mia piccola. Le offrii la boccia di Jack e ce l’andammo a bere defilati, mentre il povero Ben Scott, pace all’anima sua, urlava dalle casse dell’apparecchio stereo. Al rave ci saranno state più di cento persone, ma era come se fossimo soli. Lei c’era venuta col suo ragazzo, ma quando mi vide lo mollò su due piedi. Ce ne tornammo a casa sulla mia prima Harley, forse il mio unico amore.
Cavolo, questi ricordi fanno troppo male, ma sono esattamente le scuse che cerco per versarmi un altro bicchiere. Tanto la radio continua il suo blues ed io per oggi non ho niente da fare. Anzi, per la verità la casa senza di lei é diventata un tugurio, avrei da fare la lavatrice, rimettere a posto la camera, lavare i piatti di tre giorni, ma non riesco proprio a muovermi da questo dannato divano, lo stesso su cui abbiamo fatto l’amore cento, forse mille volte. JD é quasi alla fine e incomincio a vedere storto, come quella sera balorda insieme alla rossa. Cacchio, ci mancava solo quel Bowie con la vocina stridula che mi racconta dei ragni marziani. Ma aspetta, forse aiuta... Le nuvole sono più vicine adesso.... ma si, é la radio, é come la danza della pioggia, quella degli indiani d’america, é la stessa cosa... forse se alzo il volume....
Goccioloni grandi come sassi battono il tempo insieme al vecchio Bob Dylan. Ci voleva proprio lui per far piovere. Ecco, l’odore é già cambiato, finalmente. Mi finisco il Jack e poi vado fuori a farmi lavare via la tristezza. Mi é tornato il buonumore, e se mi prende bene stasera scendo al bar per vedere se ribecco la rossa...
....perché il lato positivo di ogni brutta storia é che la storia può sempre cambiare.

GM Willo - 2009

lunedì 1 febbraio 2010

LA LIBERTÁ DELL'UOMO

la-liberta-delluomo

Il monaco, immobile sul grande macigno, osservava le ombre allungarsi, e pensava che niente e nessuno le avrebbe mai potute fermare. Allora sentì l’impulso di chiedere consiglio al suo Maestro. Entrò nel tempio e lo vide in un angolo a pregare. Non dovette disturbarlo, perché sapeva già che sarebbe venuto. L’adepto si accomodò accanto a lui e chiese: «Maestro, quanto è libero un uomo? Lo è totalmente oppure esistono delle limitazioni? È possibile che qualcosa come il destino limiti la nostra libertà?»
Il Maestro rispose alla sua maniera, non con la logica di pensiero ma con un esempio esistenziale. Disse: «Alzati, figliolo.»
Per un momento l’adepto pensò che quella non fosse assolutamente la risposta che cercava, ma frenò l’impulso di credere che il Maestro si stesse prendendo gioco di lui. Così si alzò in piedi ed attese.
Il Maestro disse: «Adesso solleva una gamba.»
“Che diamine significa?” pensò l’adepto. “Ha forse perso la ragione o non sono stato abbastanza chiaro?” ma tutte queste cose il giovane monaco non le condivise col suo Maestro, e per non mancargli di rispetto alzò una gamba e rimase in equilibrio sull’altra.
«Benissimo» dichiarò il Maestro. «Un’ultima cosa adesso. Solleva anche l’altra gamba.»
«Ma è impossibile!» protestò subito l’adepto. «Ciò che mi stai chiedendo è assolutamente irrealizzabile! Ho già la mia gamba destra alzata, e non mi è possibile sollevare anche quella sinistra.»
Allora il Maestro rispose: «Eppure eri libero. Avresti potuto sollevare la gamba sinistra per prima, e nessuno ti avrebbe detto nulla. Eri completamente libero di scegliere la gamba che preferivi. Non ho detto niente a riguardo, e tu hai preso una decisione: hai alzato quella destra, ma facendo questa scelta, ti sei precluso la possibilità di sollevare quella sinistra.»
Il Maestro guardò il giovane con una luce d’amore negli occhi.
«Non preoccuparti del destino, figliolo. Pensa sempre con semplicità.»
Fuori dal tempio le ombre erano già padrone.

GM Willo – Adattando una storia anonima.